Barbara: Mathieu Amalric dal biopic alla biopsia

barbara di mathieu amalricDi certo non si può negare che Mathieu Amalric, quando dismette la maschera da attore e indossa le vesti di regista, sia un intrepido del cinema francese e non solo. Lo aveva già dimostrato con Tournée del 2010, “intrufolandosi” nel dietro le quinte in continua scorribanda di un gruppo di donne del moderno burlesque. Con Barbara, che ha aperto il Certain Regard del Festival di Cannes 2017 ed è passato in Italia alla rassegna fiorentina di France Odeon 2017, è andato addirittura oltre. Oltre il biopic, in particolare.

Un’attrice (Jeanne Balibar, ex moglie di Amalric) torna nella Ville Lumière per interpretare il ruolo della grande chanteuse Barbara in un film diretto da un regista assolutamente invaghito dalla persona e dal personaggio della donna. Il lavoro dell’attrice sul personaggio (e viceversa) sarà così radicale che non solo lei non distinguerà più il confine tra realtà e finzione, ma neppure il regista e, questo è il grande “rompicapo” del film, tantomeno lo spettatore.

Barbara più che un biopic è una biopsia della cantante francese. Amalric la “seziona” (e ricompone) con precisione chirurgica con un bisturi (la macchina da presa) appassionato, dolce, ma a tratti anche sfrenato. Tocco documentaristico, fiction, materiali d’archivio, ricostruzione, tutto si mischia, frammenta e (ri)emerge sul grande schermo come un unicum in cui (non) c’è soluzione di continuità.
Barbara risulta così un film ostico e ostile, più d’avanguardia e di ricerca che non sperimentale, perché Amalric sa (o almeno crede di sapere) cosa vuole e la sensazione d’ipnosi e confusione mentale verso la quale conduce chi guarda è un traguardo ampiamente raggiunto. Barbara, però, è qualcosa di troppo cerebrale, anche se sa sconfinare nello stordimento emozionale quando, volente o nolente, ci priva della distinzione tra la vera Barbara e la finta Barbara (una divina Jeanne Balibar).

Il film quindi seduce e sorprende, ma alla lunga perde la bussola, la strada per tornare a casa, e soprattutto perde di vista il suo fine ultimo. Ecco, quale il fine di questo film? La risposta non c’è. Sullo schermo passano tante cose su tanti livelli, ma rimangono lì. Barbara è un film nel film nel film, ma anche un film sul film sul film. Ma poi? Se le scopo fosse stato raccontarci, come in un (a)normale biopic, la vita o una fetta di vita di Barbara, il tentativo è miseramente fallito nel rincorrere l’anima (inafferrabile) di una donna e nell’aver lasciato più volte lo spettatore con gli occhi fissi al soffitto, proprio come in una sala operatoria (per non dire d’obitorio).

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