Ariaferma di Leonardo Di Costanzo: recensione film

Recensione di Ariaferma di Leonardo Di Costanzo.

ariaferma filmQuello di Leonardo Di Costanzo è un cinema sociale. Dopo aver trattato le ricadute che la criminalità organizzata ha sulle vite di ragazzi e madri nei film L’intervallo e L’intrusa, con Ariaferma il regista partenopeo punta la macchina da presa sul mondo delle carceri, da sempre convitato di pietra della politica italiana.

Dodici detenuti per una stortura del sistema non possono essere trasferiti. Una mezza dozzina di agenti penitenziari devono domare una potenziale rivolta. Basta una scintilla e la polvere da sparo della violenza e della libertà può prendere fuoco. Una convivenza forzata messa alla prova da uno sciopero della fame e da un blackout elettrico che rischiano di mandare fuori controllo gli animi e le azioni di entrambe le parti. Nel frattempo, le alte sfere stanno a guardare, anzi se ne stanno al sole dell’indifferenza.

Ariaferma è un film di grande intensità, duro, solido, all’apparenza impenetrabile come un cella d’isolamento. Dentro, però, ribolle di sentimenti, dolori, resistenze d’animo, e questo lo rende un’opera che sa rimanere impressa senza ricorrere a toni che strumentalizzino la sensibilità dello spettatore. Quest’ultimo, infatti, accetta poco a poco di farsi rinchiudere in prigione coi protagonisti e vivere dall’interno un ammutinamento dove emerge l’umanità ricca di contrasti, ma anche di punti di contatto, tra vittime e carcerieri, guardie e malfattori.

Ariaferma ha la compattezza di un 41-bis e trova ossigeno nelle performance di un gruppo di attori in stato di grazia: Toni Servillo, senza ricorrere ai toni teatrali e istrionici di gran parte dei suoi film precedenti, confeziona una delle sue prove più introverse e palpitanti, ritrovando quel sano tono dimesso e naturalistico che non vedevamo dai tempi de Le confessioni di Roberto Andò e Una vita tranquilla di Claudio Cupellini; Silvio Orlando, dietro una barbetta incolta e randagia e un paio di occhiali da Cardinale Voiello (The Young Pope), mette a punto una prova “in sottrazione”, scarna, asciutta e per questo pungente; Fabrizio Ferracane, nei panni del personaggio più emotivamente carico del film e della sua carriera, ci ricorda quanto di buono può dare al cinema nostrano.

Insomma, Ariaferma è un film che non si ferma e non si esaurisce ai titoli di coda, ma continua a crescerci dentro come una ribellione in nome di quella dignità spesso dimenticata e negata nelle carceri nostrane.

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