Annientamento di Alex Garland: il diversamente uomo che cadde sulla Terra

annientamento di alex garland film netflix 2018Annientamento di Alex Garland è un film importante, uno sci-fi importante. Per vari motivi. Il primo, all’apparenza, ma solo all’apparenza, meno evidente degli altri, è il potere produttivo di Netflix. Che se vuole, sa tirare fuori dal cilindro dei signori film. Annientamento, infatti, è il primo vero film “da cinema” che Netflix produce. Lo vediamo sul piccolo schermo, a casa, ma come capita già da alcuni anni per molte serie tv, la cura, soprattutto registica ed estetica, meriterebbe il grande schermo. Annientamento riempie gli occhi (il crescendo finale è notevole) e al cinema spaccherebbe. È esso stesso, forse, una prima crepa di “annientamento” di quel confine che separa fruizione in piccolo e fruizione in grande. Che sia un cavallo di troia? Che sia una sonda, come un droide, mandato ad indagare eventuali e sperati (da tutti, ammettiamolo!) sviluppi d’apertura verso la sala? Non possiamo dirlo. Ma è un film che potrebbe mettere in atto una nuova “mutazione” del cinema.

Tratto dall’omonimo romanzo di Jeff VanderMeer, è un nuovo tassello in quel recente filone della fantascienza che pone l’uomo al centro, e non l’alieno, pur conservando tutto quello che da Alien ad oggi il cinema ci ha regalato in termini di creature mostruose e realtà parallele.

Dietro una prima patina di film apocalittico, Annientamento è un film di fantascienza che tende al filosofico-scientifico. Dopo essersi confrontato con i robot e le loro sembianze sempre più umanoidi e umane in Ex Machina, adesso Alex Garland va oltre la fisionomia, va oltre la pelle, letteralmente la squarcia (si veda la scena dell’addome aperto al soldato), così come discosta il drappo della comprensione e strappa il velo di maya di ciò che è diverso ma allo stesso tempo uguale a noi. Pur lasciando fondante il concetto dello specchio, dell’essere a “immagine e somiglianza” nostra.
Garland sceglie come protagoniste un manipolo di donne (e anche questo è un fattore molto importante, che prosegue quanto già iniziato da Arrival con Amy Adams), donne scienziate, biologhe, fisiche, chimiche, e punta la lente d’ingrandimento sul genoma, sui filamenti di geni, su quelle cellule che, nel bene o nel male, tra vita e malattia, si sdoppiano, germinano, mangiano, mutano. Quelle stesse cellule che aprivano (non a caso?) La guerra dei mondi di Steven Spielberg.

“Nulla ti distrugge, tutto ti trasforma” recita lo slogan di lancio del film. Che non è un semplice specchietto per le allodole o una frase a effetto per catturare lo spettatore. L’affermazione gioca con la legge della conservazione della massa, che prende origine dal noto postulato di Antoine-Laurent de Lavoisier secondo il quale “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. È dall’uomo, dagli studi umani che la fantascienza prende (nuovo) avvio. Gli alieni non sono più brutti e cattivi, sempre sul piede di guerra, pronti ad atterrare sulla Terra e distruggerci tutti, affermando una nuova specie. No, la specie in cui germinare e ri-generarsi è la nostra, quella umana. Ed è così che una nube dai fluidi colori, un bagliore altissimo e avvolgente, scaturito da uno schianto di “qualcosa” vicino ad un faro sulla costa, inizia piano piano a fagocitare tutto e alterare il Dna di tutto ciò che di organico incontra. Tutto si trasforma, suscitando stupore in chi guarda per la magnificenza visiva di molti passaggi. Meravigliosi gli alberi di cristallo, l’alligatore coi denti da squalo, le sagome umane fatte di soli fiori, l’orso in mutazione che può simulare la voce umana. La mutazione è in atto, ed è inarrestabile. Ma chi resta sulla Terra: l’ospite o il “padrone di casa”? L’alieno che si fa uomo o l’uomo che si fa “diversamente alieno”?

Annientamento è quindi un film che ci interroga molto da vicino anche sul tema della genetica, delle mutazioni genetiche, degli esperimenti, dell’evoluzione della specie, o meglio della sua conservazione, come vorrebbe la legge di Lavoisier. A voler forzare un poco la mano, c’è anche qualcosa di religioso, di anime fisiche e genomi psico-spirituali che sopravvivono al corpo e migrano in un altro, must di molti Credi di oggi e di ieri.

Ora la domanda è: cosa rimane dell’uomo in Annientamento? Nulla oppure tutto? Rimane l’evoluzione, che coinvolge anima, mente e corpo, che ci clona uguali e allo stesso tempo diversi. Ma in fondo a quel bagliore, come una luce in fondo al tunnel, ci lascia ancora umani. Poco importa se alla fine Kane è il vero Kane o Lena è la vera Lena (opinabili oramai i concetti di “vero”, “originario” e simil tali). L’importante è ciò che si è conservato nella trasformazione, ovvero l’umanità, l’amore, gli affetti, la capacità di provare sentimenti (che è ciò che ci differenzia da sempre dai robot, Ex machina compreso). E la capacità, come dimostra il bel finale, di saperci ancora abbracciare, unire, diventare una cosa sola, e non separarci come quelle cellule che, ironia della sorte, dalla scissione ci garantiscono la vita, qualunque ne sia la forma.

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