American Animals: la rapina (im)perfetta

Recensione del film American Animals.

American Animals, come ci avvisa un “cartello” in apertura di film, non è ispirato ad una storia vera, bensì è una storia. Punto. Già questo crea un cortocircuito interessante nel canonico rapporto e nella “classica” distinzione tra fiction e documentario. Il film di Bart Layton mescola i due piani sin da subito, confinando la vicenda sul filo (in)stabile tra tragedia e commedia, serio e faceto, leggerezza e disincanto.

American Animals è una boccata d’aria fresca nel genere heist movie. I quattro personaggi, che prendono dannatamente e tremendamente sul serio un furto da milioni di dollari, vengono trattati con uno sguardo e uno stile narrativo che, invece, sul serio non li prende. Per niente. Ma neanche li ridicolizza né sbeffeggia. Anzi, li racconta con affetto misto ad una certa nostalgia e tristezza (o pena?) di fondo.

American Animals omaggia a chiarissime lettere tre capisaldi dei “film sulle rapine”: Rapina a mano armata di Kubrick, Le iene di Tarantino e Ocean’s Eleven di Soderbergh. Tre pesi massimi che vengono citati con fare semiserio e inglobati letteralmente nel film per stuzzicare la memoria cinefila dello spettatore.

Insomma, siamo di fronte a quattro criminali da strapazzo (e da quattro soldi) che vogliono infrangere la noia della blanda routine del college con un colpo grosso che non può riuscire, è già scritto nelle stelle, è un destino già segnato. Ma loro ci credono perché guardano la luna e non il dito. E anche solo per questo, per questa fiducia cieca verso un sogno (a suo modo un american dream), non possono che meritarsi la nostra comprensione e la nostra simpatia.

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