1992 e 1993: recensione della prima e della seconda stagione
Allo specchio. 1992 e poi subito a ruota 1993 ci mettono davanti ad uno specchio. Come “denuncia” la galvanizzante sigla che apre ogni episodio: schegge di uno specchio in frantumi che si ricompone di fronte ai nostri occhi. Come a dirci: guardati!
1992 e 1993, nate da un’idea di Stefano Accorsi, ci parlano di noi stessi, di quei primi anni Novanta in cui tutto è cambiato per non fare cambiare più niente. Gli anni di Tangentopoli, dell’entrata in politica di Berlusconi, delle stragi di mafia, e di tante piccole storie che si inseriscono nel grande solco della Storia.
1992 e 1993 hanno il pregio di dimostrare che anche il cinema italiano “per la tv” ha (finalmente) il coraggio di parlare di anni che per lungo tempo sono stati un tabù. Anche noi possiamo mettere in scena Di Pietro, Berlusconi, Dell’Utri, ecc. Il risultato è una series (per fortuna) sfacciata, che parla fuori dai denti, che punta anche allo scandalo, come dimostrano, a titolo d’esempio, l’impiego della musichetta di Casa Vianello sulle immagini dell’uccisione di Salvo Lima o i ripetuti nudi e la parola ‘pompino’ messa in bocca alla “casta e pura” Miriam Leone qui nelle sue (sotto)vesti più sensuali.
Con 1992 e 1993 siamo di fronte ad una series che colloca il proprio punto di forza nella sceneggiatura, nell’intreccio. Una serie tv cosciente di come non ci possa essere episodio inutile o superfluo, di come non debba passare puntata senza uno sviluppo o un colpo di scena. Una series pensata bene a tavolino che riesce nei propri intenti mischiando e legando tra loro sei personaggi per sei storie diverse, ciascuna col proprio bagaglio di personaggi comprimari di assoluto valore e non privi di ragion d’essere.
Su tutti spiccano i personaggi di Leonardo Notte (Stefano Accorsi), Veronica Castello (Miriam Leone) e Beatrice Mainaghi (Tea Falco). Profondi, duri, estremi, e per questo appassionanti agli occhi di chi guarda. Di contorno, pregevoli le performance di Fabrizio Contri (Marcello Dell’Utri), Gianfelice Imparato (Gaetano Nobile), Thomas Trabacchi (Attilio Arnaldi).
In un quadro assolutamente positivo per entrambe le stagioni, spiazza e un po’ anche stona il finale di 1993, con una tipologia di coup de théatre che fa da sì ponte imponente verso 1994, ma che allo stesso tempo sa di già visto e più volte praticato, come c’insegna il finale di Gomorra 2 (non faccio spoiler palese, chi ha da intendere, intenda!). Un tipo di finale che sa già di cliché, di “classico”, al quale non sappiamo (ancora) sfuggire né resistere.